venerdì 22 luglio 2016

Video TED - Relazione corpo-mente

In questo intervento su TED, Amy Cuddy spiega tramite semplici esempi i risultati di alcune ricerche di psicologia. Può la postura influenzare il comportamento? Sembrerebbe di sì.

Intuitivamente e ormai anche scientificamente è dimostrato come la psiche influenzi il corpo, basti pensare alla nascita della branca medica denominata “Neuro-psico-endocrino-immunologia”, alle scoperte riguardo i collegamenti del sistema linfatico (quindi in stretta relazione col sistema immunitario) col cervello. In molte discipline alternative e complementari, spesso di origine orientale, si è sempre posto in primo piano il ruolo della mente sul controllo del corpo e della sua salute. La psicosomatica da sempre pone in primo piano il ruolo della mente sul corpo.
In questo video la dott.sa Cuddy ribalta momentaneamente il punto di vista, può un particolare assetto posturale influenzare la mente? Secondo i suoi studi sì, la posizione a gambe leggermente allargate, sguardo alto e braccia aperte (ossia una postura “trionfale” o di forza, come lei la definisce) modifica lo status psichico del soggetto e la secrezione ormonale di cortisolo (che a sua volta innesca cambiamenti psichici e fisici) a patto di mantenere tale posizione tutti i giorni per due minuti.
Durante il discorso vengono toccati vari aspetti della sua ricerca, riguardanti il mondo animale fino ad arrivare a dei test sui colloqui di lavoro. Vale la pena di vederlo tutto, sono ventuno minuti ben spesi, e di ascoltare con cura le parti finali dove la dott.sa racconta alcuni episodi della propria vita. Se avete problemi con l'inglese basta attivare i sottotitoli in italiano.

Senza nulla togliere alla ricerca, si dovrebbero citare discpline non scientifiche ma che da sempre, basandosi su filosofie non comuni a noi occidentali, associano una pratica fisica al benessere psichico e una pratica psichica ad un benessere fisico. In parole semplici, non dissociano mente e corpo ma li considerano un tutt'uno. Per citarne solo alcune: Qi-Gong e Tai ji quan, Yoga, meditazione (zen, trascendentale ecc.), shiatsu, Tui-na, in generale la medicina tradizionale cinese.
Nella mia esperienza di fisioterapista, praticante sia di metodiche posturali (Mezieres) sia manuali (Manipolazione Fasciale di L. Stecco) non posso che confermare la doppia relazione mente-corpo, seppur solo a livello empirico-esperienziale. Probabilmente il lavoro più completo su un paziente si ottiene sempre collaborando con professionisti quali gli Psicologi, per poter abbracciare non solo gli aspetti fisici ma anche psichici dell'utente. Spesso questa collaborazione sfugge o peggio, viene svolta dal medesimo professionista, sfociando nel campo di conoscenze altrui e fornendo un supporto incompleto o peggio, pressapochista.

lunedì 11 aprile 2016

FATICA
Croce e Delizia




La percezione della fatica durante l'esercizio fisico è vista dallo sportivo come la sensazione corretta durante una determinata attività svolta. La mancanza di fatica è spesso vista come indice di inutilità e inefficacia, ed è correlata di solito ad un'insufficiente intensità dell'esercizio. Il tutto è riassumibile con la classica forma anglosassone “No pain No gain”. Prima di chiedersi se sia giusto o sbagliato affaticarsi fino allo stremo per migliorare le proprie performances, è importante soffermarsi su una domanda fondamentale: cos'è la fatica?

La fatica ha due definizioni principali:

  1. è la riduzione nella capacità di generare forza e/o potenza;
  2. è l'inabilità di mantenere la forza-potenza richiesta o aspettata.
Il sistema nervoso centrale (SNC) e i muscoli si influenzano reciprocamente nella percezione della fatica. Il principale imputato, il SNC, è influenzato da:

  • concentrazione di glucosio sanguigno
  • ipertermia
  • dolore
  • caffeina
  • anfetamine
  • esperienze
  • passate
  • emozioni
  • motivazione


Fatica nella sprinting performance

Durante esercizi ad altissima intensità vi è eccedenza di K+ extracellulare. Una strategia usata per aumentare la resistenza alla fatica durante le ripetute ad alta intensità è stata l'integrazione di creatina, ciò aumenta la potenza in uscita. La perdita di glicogeno nelle attività di sprint non risulta un problema chiave.
Vi sono alcuni meccanismi fisiologici di miglioramento:
  • aumento attività pompa Na/k
  • aumento capacità di buffering dei muscoli
  • aumento del trasporto di H+ e lattato muscolare
  • aumento di enzimi glicolitici
  • Aumento della VO2 max e capacità ossidativa muscolare

Non ci sono evidenze invece che tra i meccanismi di miglioramento della performance di sprint vi sia un cambio della fibre muscolari, mentre vi sono evidenze che ciò avvenga per il training di endurance, come processo fisiologico di adattamento.

Fatica nella endurance performance

VO2 max e capacità ossidativa muscolare sono analizzabili tramite test di soglia del lattato, sono caratteristiche importanti per la performance. La capacità di trasporto di O2 è direttamente correlata alla VO2 max. La capacità ossidativa muscolare è invece fattore importante per migliorare la soglia del lattato. I fattori determinanti la performance di endurance sono:
  • Performance di VO2 → soglia di lattato → massimo consumo di O2
  • Performance deficit O2 → capacità di buffering totale
  • Efficienza meccanica

Durante lunghi esercizi vi è rilascio massivo di K+ dei muscoli scheletrici, inoltre la quantità di glicogeno influenza la sensazione di fatica, ma ancor di più dove esso è stipato.
Il glucosio sanguigno influenza il funzionamento del cervello e quindi la “fatica centrale”. Tramite l'ingestione di carboidrati durante una gara si rallenta l'arrivo della fatica ma non la si elimina. L'ipertermia diminuisce la performance più per l'effetto sul SNC che sulla funzione muscolare. Si può quindi desumere che le strategie estrinseche per limitare la sensazione di fatica sia avere una corretta idratazione con reintegro di ioni k+, nonché ingerire carboidrati che aumentino i livelli di glucosio sanguigno, infine evitare l'ipertermia non esponendosi ad allenamenti in condizioni di estremo calore e forte umidità.

Fonti:

Corso di “Exercise physiology” tenuto dal Prof. Mark Hargreaves Phd dell'University of Melbourne.